Un’inchiesta di Sky sul genere nella scuola pubblica cerca di mettere ordine nel caos mediatico, generato dallo spettro della cosiddetta “ideologia del gender” e dalla ricezione distorta degli standard definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in merito all’educazione sessuale in Europa.

Da una parte, ci sono le associazioni laiche che sostengono l’educazione alle differenze come chiave di volta per combattere le discriminazioni  alla base di omofobia e bullismo; dall’altra, i movimenti cattolici che la demonizzano, additandola come un strumento subdolo, capace d’indurre i ragazzi all’omosessualità, creando confusione tra identità sessuale e sesso biologico.

Il faccia a faccia virtuale tra Monica Pasquino, presidente dell’Associazione di promozione sociale Scosse, e il rappresentante del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, Massimo Gandolfini, è in questo senso esemplare.

Uno scontro prima di tutto terminologico, si direbbe: le parole sono importanti e non sono affatto neutre, soprattutto in questo caso. Il concetto di genere, usato da Gandolfini come sinonimo di negazione della differenza tra i sessi, viene ridefinito da Monica Pasquino come categoria scientifica, propria di quegli studi che, in ambito accademico, sostengono l’origine culturale delle disparità legate al genere.

In un clima avvelenato da pregiudizi ed allarmismi, è bene aprire un confronto costruttivo sul tema, evitando uno sterile muro contro muro tra scuola e famiglia, in cui a farne le spese siano i ragazzi e le ragazze che hanno diritto ad un’educazione sentimentale e non solo grammaticale.

 

 

 

 

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